CAPITOLO XV
Una sorta di sentimento di attesa inserito tra il piano alto ed il piano basso, non propriamente delineati ma avvertibili nitidamente, un salone sconfinato al centro ed un tavolo lungo molti metri, con una bottiglia piccola poggiata nel mezzo, ripiena di acqua. Era un sentimento, non un sentimento privato ma un sentimento pubblico. Cos’è un sentimento pubblico e cos’è un sentimento privato? Non si fermò a riflettere perché non c’era né il tempo né lo spazio per farlo, ma solo una confusione melliflua, fatta di sensazioni soffici, tipo zucchero filato in cui affondano le filosofie, elaborate ma non convinte, provvisorie, ma enciclopediche, elaborate per secoli e secoli e pervenute fino a noi non si sa da dove.
Era la creazione, quella sorta di chiacchiericcio infinito, elaborata da un creatore a sua volta progettato da un creatore più grande e potente, tra loro rivali come sono rivali tutti gli esseri, che si scrutano con una malcelata diffidenza, per niente risolutiva. Chi era il complice e chi era il rivale: cercava di capirlo. Se la poesia a volte si pone all’attenzione anche di chi non vuole è per la sua specifica natura invasiva. Ti colpisce nel momento meno opportuno e ti lascia con una sensazione che v’è qualcosa di importante che tu non hai ancora affrontato e che altri hanno già affrontato e ne godono addirittura; si irritò molto di questo, la poesia era irritante, concluse. Qualcuno ne era padrone e qualche altro no. Perché? Se avesse insistito nell’approfondire il fenomeno ne sarebbe uscito decentrato, privo di concretezza, stupito, contestato e torbidamente atterrato. Perché? Cos’era in fondo la poesia se non un insieme di parole. Chi poteva affermare che non lo fosse? E cos’era il pensiero? Un insieme di parole od un insieme di assiomi? E cos’era l’assioma se non un’arroganza ed un vizio del pensiero. E cos’era il vizio? Un software non proveniente da fonte sicura?