CAPITOLO XIII
Per alcuni anni ho amato un demone in forma di donna. L’aspetto tranquillo, discreto, l’occhio appena appena lucido e velatamente malizioso, il corpo sodo dritto, ed i seni morbidi non eccessivamente dritti, per anni mi sono sentito spiato dalla sua presenza costante; ovunque andassi, desiderosa della mia passione ed avida e sorpresa di continuare a carpire i miei pensieri e la trama dei miei comportamenti, eccitata dalla mia stessa esistenza, avvertivo la sua presenza a volte discreta a volte pesantemente condizionante.
Vittima dell’illusione di crederla un umano, illusione che con raccapriccio turbava la mia tranquilla naturalezza, trascorrevo il tempo scandito da questo respiro incerto e variabile in sintonia con quel suo mondo privo di relazioni; la sua unica relazione con l’esterno ero io!
Apparentemente i suoi pensieri ed i suoi comportamenti erano come i miei! Dormiva, si nutriva e dialogava con gli umani anche vivacemente!
Per me era come una sorta di melodia, come l’Andante della Sinfonia Concertante di Mozart K364, uscita da quell’atmosfera falsamente letteraria, struggente ed avvincente, in cui il tempo s’eclissava poco a poco con effetto dissolvenza ed in cui un notevole spreco d’energia era concesso allo spargimento delle emozioni sulle lampade sul prato sui mobili sul pavimento in cui il pensiero pareva indebolirsi ed essiccarsi, non era niente di preciso, né la sagacia di sparire o la perdita né la decadenza, ma era tuttavia un pensiero, forse la dannazione od il paradiso, o la retorica, ma niente di falsamente vitale, in quell’atmosfera in cui pensavo dovesse necessariamente essere eppure non era, con una riflessione che mi procurava una infantile sicurezza e tuttavia difficile da smentire, perché ero lì di fronte a quel respiro materiale, musica indubbiamente od essenza sbagliata del mio incorreggibile orgoglio, orgoglio, suvvia! chi a ragion veduta oserebbe parlare di orgoglio, era un naturale piacere o dispiacere, una vitale speranza, neanche sciocca, che certo avrebbe messo a dura prova il dispensatore di verità costringendolo ad acconsentire per senso di colpa! tuttavia poteva essere inutile ed illusorio quel che con tanta intensità percepivo ed ero in grado di descrivere e che mi procurava tanta energia! o prime luci della sera! se deve essere la disintegrazione che lo sia! interessi e stimoli assiepati intorno ad un unico interesse, tutto distrutto, nient’altro che il sintomo di un materiale respiro, e quella meccanica flessuosità delle idee, era come scavare e scavare ossessivamente e vedere sparire progressivamente l’orizzonte e rifiutarsi pian piano di gonfiare ossessivamente gli avvenimenti ed i racconti e prestare attenzione a quell’unico stimolo, una sorta di melodia, come l’Andante della Sinfonia concertante di Mozart K364, l’attacco, quel punto in cui dalla pausa emergono suoni e sembra che vogliano riscrivere la tua storia fino a quel momento, cancellando tutti gli avvenimenti indecisi, violenti, irritanti, una sorta di melodia, e tu chiuso lì dentro una scatola di materia, oh sì! una scatola di materia senza poter protestare, ed allora ti aggrappi a quell’immagine e la rincorri e la idolatri, ed essa ti compare e ti perseguita nel sonno e nel dormiveglia, spavalda e sorridente anche se non necessariamente vittoriosa, dentro quella scatola ossessiva di materia aggrappato a quella roteante sfera che niente all’esterno avrebbe lasciato presagire! l’incontenibile malizia dell’essere! per giorni e giorni roteando intorno ad una figura umana, assoli di violino turbati soltanto dalla verticalità di un vento lieve tra foglia e foglia!