CAPITOLO XII
Girovagando per le stanze senza senso, senza senso il girovagare e senza senso le stanze, cercando il coro, l’inutile canto, zona d’ascolto e zona di circospetta esasperazione, deriso ma sovrano nella sua decisione, derelitto, un po’ assetato, gioviale e nervoso, guardando la cornice della finestra, il rettangolino utile per scrutare il cielo le rondini le foglie le api la polvere roteante tra le foglie le pietre ed i fili tesi in alto, sonora bugiarda aspettativa, rosea sbugiardata e pensosa e sospirosa attesa, l’amore l’incanto o l’osseo divenire, il corroso e corrotto elemosinare, elemosinare ancora, elemosinare, ed il canto del pozzo, e l’incanto del pozzo ed il pozzo fuligginosa immagine specchiantesi nel pozzo, appena come sdraiati accanto alle riquadrature di pura pietra, un po’ insensibili, appesantiti da quell’ora di pomeriggio, pensando ancora che l’amore potesse essere l’amore, dovendo uscire dal racconto, non potendo raccontare per te altro che te, la tua presenza a volte amata a volte pensosa ed ossessiva, pensando ossessivamente alla tua presenza gioiosa, cercando la gioiosità della tua presenza negli anfratti del ricordo di un passato recente, distruggendo e facendo distruggere il racconto, appena circonfusi d’un alone lieve di tragicità, ed il senso e l’assenso girovaganti perspicaci ridotte a luci psichedeliche roteanti nel vortice delle intermittenze, dense e corrotte, oscura necessità, necessità, via via morendo per le piogge primaverili, via via morendo per l’assenza di consenso e vogliosa d’incanto perderti nella memoriale fanciullezza, non tracciando sentieri, non costruendo, non assecondando quella sana energia, energia inutile, di perdere la parola, di perdere te, di perdere, di sparire in una notte priva di voci, priva d’ingiustizie, priva di aggressioni, semplicemente una notte, non più civiltà, non più il sacro imbecille dotto, non più il saputo perdente vanagloria fatta cenere, tragedia sviluppantesi da sola negli angoli sotto i mobili, ch’era del sublime agenzia, dell’arido rappresentante, e del sommerso venditore al dettaglio, ricordo inerte del tuo inutile girovagare, girovagare attorto nel senso del voluto, voluto, rampante allegria dei tuoi occhi, brivido del tuo corpo perduto negli intrichi della tua mente libera, libera la mente, libera l’ansia ma anche assente l’imbrunire!