CAPITOLO VIII
Non oro a spinta, prosa, sapere enciclopedico, natura-prosa, natura-tecnica, natura-orgasmo, come se l’indifferenza dell’erba potesse assolvere da emozioni assenti, da pianificazioni, da incoercibili vigliaccherie, dalla civiltà-valore alla civiltà-ressa, Alpi automobili rospi spelacchiati vergini di scarso pregio ruffiani incuranti assoggettati ad inutili rituali da caproni disabili oscure avvisaglie di un evento pian piano evocato che diviene geometria logica matematica ed oscuramente assoggettati all’indifferente mistura di minestre ansia e sapere dovunque si annidasse lui il figlio dell’albero dell’universo 2 o come altro si chiama controllo emozione sedimentazione alcova luce dipinta od oscura metamorfosi di eccessive ossequiose soste eccessive sedimentazioni eccessive voglie inutili dovunque spese.
La brillantata fantasia ripercorreva tracce come cortecce d’albero, sapori di spumante, colorazioni sul fondo cielo- alluminio, la ragazza seduta alla sedia, i pioli color noce, l’odore dei biscotti, il suono della fisarmonica, il concetto di quel filosofo mio antenato sempre attento a spianare il pensiero e ad aggirare veri e propri blocchi di materia pura, panieri di sentimenti di possessi e di aspirazioni, pur sapendo di non poter distribuire le cose come volantini, pur sapendo ciò ch’ignorano i veri imbecilli (che la cosa è un’altra) che proiettano nella Storia come acchiappafarfalle, ecco il fenomeno, inquadralo inquadralo, “inquadra ‘sta minchia” disse Jo il figlio pesciaiuolo del filosofo, si sa che tutti i figli dei filosofi diventano pesciaiuoli, prima o poi, un localino maiolicato, due banconi un frigorifero uno scacciamosche e tutto quell’odore di pesce fresco e di ghiaccio, e se ne stava lì tutto il giorno, ossequioso ed un po’ captato dal ritmo della radio, monotono, il colpo della batteria un po’ sordo per la piccolezza dell’altoparlante, appena 7 cm.