CAPITOLO V
S’insinua nel dubbio quotidiano, con il sole pietra solare inscatolata lì nel carta da zucchero volteggiare montagnoso, come se dovendosi attendere, fosse definitivo, e s’insinuava appena.
Svettavan gli alberi e la via silvestre nell’altopiano.
Ad occhi piccoli ed a chi volendo. Attendeva in questo pomeriggio pigro, liquefatto ai confini della pianura nel primo pomeriggio, s’ergeva ai lati dell’industrializzata valle (nota del redattore). Occhi freddi, alto, sui quarant’anni. A lei apparve assecondato dalla ristrettezza del viale, per vicoletti e costoni tra una tomba e l’altra.
Ferma sulla soglia attendeva la donna. Se ansia oscura il senso a lei non oscurava attesa che più era estesa, con il vestito scuro, speranzosa ed umile, in piedi sulla scaletta scende verso casa.
Densa la fantasia nella calura – incapace di sacrificare le ambizioni alla fantasia, come uno scrittore ebete, oppure incapace di sacrificare la fantasia all’ambizione, petroso ed eccessivamente terreno, su viali alberati nei pomeriggi afosi, che consumava la densa stilla mista di ciò che impastava le cose della sua irriducibile presenza, costante ossessione al suono delle cicale pomeridiane, dall’irriducibile sapore, qualcosa ch’era malinconia e malia insieme ed accorata attesa della liberazione, per valli e per campi rifratta – proiettava ragione macerata nei suoi confini, una granita di pensiero pronta a liquefarsi alla presenza di una momentanea ed ossessiva eternazione.
Desiderio, stella-diamante, raptus, inseguimento, sui costoni assolati e per liquefatte manie, stinte, stantie, ed il camion si rovesciò sul campo di peri, le ruote giravano all’aria, seni stinti o comportamenti, ed è qui che l’attendo, odorosa d’un pizzico di non altro sui rosoni, ch’irrompe a sera, che dispera, che humus, tritato ed ossequioso, pedestre, riservato, minuzioso!